mercoledì 10 ottobre 2007

L'horror come si scrive al cinema


Non manca in Italia una certa saggistica letteraria sull’horror anche se, da parte accademica in specie, tra i “modi” o generi non realistici si tende a considerare maggiormente il puro fantastico, quello fra l'esitazione todoroviana, il meraviglioso e il perturbante; la fantascienza con tutti i suoi risvolti sociali, o in minor chiave, adesso, anche il fantasy nobilitato per via tolkieniana. L’orrore e il weird sovente passano attraverso la celebrazione del gotico, restando in area di romanticismo e non sempre oltrepassandola di molto, per risalire talora un solo corso alla volta, come la moda del vampiro, o bivaccare al sicuro tra i classici del primo secolo scorso, più di rado affrontando una contemporaneità che non sia quella del conclamato best seller.

Altra tendenza, negli ultimi tempi evidente, è la considerazione dell’horror come prodotto essenzialmente cinematografico, come se la percezione italiana del fenomeno stentasse a riconoscerne un pari livello letterario. Di qui anche le scelte editoriali dei colossi della distribuzione, tanto per nominare ancora l’imMondadori dell’attuale collana di supplementi a Urania, di proporre con l’etichetta dell’Horror solo banali ma “sicure” novellizzazioni di videogiochi e film di successo (Doom; la serie Underworld).

Di certo è il linguaggio del cinema e non quello della letteratura a trovare maggior presa sul pubblico, sulla cultura giovanile. Anche in saggistica quindi, sempre più spazio è reclamato dalla cinematografia del terrore, dall’analisi delle sue tematiche e dei suoi meccanismi più interni. Segnalo a seguito alcuni recenti titoli, tutti incentrati sulla scrittura dell’horror per il grande schermo.


Nel segno dell’horror. Forme e figure di un genere
Michela Vanon Alliata
Libreria Editrice Cafoscarina, 2007
brossura, 236 pagine, Euro 13,00
ISBN 978-88-7543-165-5

Da Frankenstein e Dracula, i classici della cinematografia horror distribuiti dalla Universal quando sulla società civile si allungavano minacciose le ombre della Depressione e della spaventosa crisi economica del ‘29, al Nosferatu di Herzog, elegante rifacimento del capolavoro espressionista di Murnau, fino alla sconvolgente riflessione di Cronenberg sul mistero della morte, del corpo femminile e l’io maschile “schizofreneticamente” diviso (Inseparabili), il genere horror, nei suoi esiti maggiori, è andato via via definendosi come locus privilegiato di inquietudini individuali e collettive e non solo di un facile sensazionalismo e di un’estetica dell’effetto.
I materiali al centro di queste narrazioni filmiche, leggibili fino all’ovvietà in chiave psicanalitica – il misterioso, l’abnorme, l’alterità deviante e demoniaca, il vampirismo, il soprannaturale delle apparizioni di fantasmi e di sogni premonitori – esprimono un forte distanziamento dalla dimensione razionale, una discesa in un mondo infero dove, come nella cultura letteraria gotica che spesso li ispira, a prevalere sono gli impulsi, i desideri, le fantasie, anche quelle perverse e comunque sempre lontane dalla dimensione cosciente.
Il presente volume, corredato dei necessari apparati bibliografici e filmografici, affronta da prospettive critiche diverse le forme e le figure di un genere che anche nelle sue declinazioni parodistiche (l’irriverente The Rocky Horror Picture Show) o fantascientifiche (Tetsuo, l’apologo cyberpunk firmato dal giapponese Tsukamoto) si interroga su questioni cruciali: il ruolo e il potere della scienza, la violazione del limite, l’ansia di potere e soprattutto l’indecifrabilità del reale. Un genere che continua a irretire e coinvolgere lo spettatore e il lettore soprattutto per la sua capacità di dare visione all’interiorità più profonda dell’individuo nei suoi rapporti con la natura e la società.

Dalla minuscola Libreria Editrice Cafoscarina di Calle Foscari (Ve), un saggio di tema prettamente cinematografico ma saldamente radicato nelle origini letterarie del genere gotico e fantastico.
Docente di Lingua e Letteratura Inglese presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, Michela Vanon Alliata ha pubblicato Il giardino delle delizie. L’immaginario visivo di Henry James (Neri Pozza, 1997) e curato il volume Desiderio e trasgressione nella letteratura fantastica (Marsilio, 2002), oltre ad aver firmato una lunga serie di saggi e scritti accademici.


Il buio si avvicina
Fabiana Proietti, Alessia Spagnoli, Carlo Valeri
collana Ricerche, Dino Audino Editore, 2007
brossura, 192 pagine, Euro 18,00
ISBN 978-88-7527-032-2

L’horror è oggi il genere cinematografico più frequentato dai giovani. Ed è anche quello in cui più si fa sperimentazione linguistica. È dall’horror che provengono le più audaci innovazioni nella tecnica di ripresa, negli effetti speciali, nel trucco, nel totale della messa in scena. Ma anche sul piano dei contenuti, le storie essenzialmente più inquietanti o socialmente destabilizzanti trovano nell’horror il loro primo fertile terreno.
Il buio si avvicina vuole essere un percorso tra i sentieri tracciati dal genere horror per quanto concerne tematiche e stili di narrazione. Affrontando l’analisi delle figure del mostruoso e delle location scenografiche, il testo non rinuncia però a uno sguardo più tecnico sulle modalità del racconto cinematografico orrorifico. Il libro – esaminando sequenze fondamentali del genere con l’ausilio di numerosi fotogrammi – fornisce spunti di riflessione sui mezzi attraverso cui il film horror, macchina per produrre paura, mette in atto le proprie strategie di tensione verso lo spettatore.

Con una prefazione del critico e massmediologo Sergio Bassetti, il saggio esplora alcune delle tematiche basilari del genere: i mostri e le maschere dei classici, l’ambientazione, le “strategie della tensione” che costituiscono la struttura dell’orrore cinematografico, dalla costruzione della sequenza sino all’effettistica e alla colonna sonora.
Giovani gli autori, tutti e tre romani, nati fra il 1977 e l’81 e laureati presso l’Università La Sapienza di Roma. Fabiana Proietti ha una laurea in Filmologia ed è redattrice della rivista on line Close-up. Alessia Spagnoli, laureata in Storia e Critica del cinema, è caporedattrice della stessa Close-up mentre Carlo Valeri, anch’egli laureato in Filmologia, è redattore della rivista on line Sentieri Selvaggi.


Scrivere horror. Come costruire una sceneggiatura perfetta
Dario Gulli
Collana Piccola biblioteca delle arti, Gremese, 2007
Brossura, 140 pagine, Euro 16,00
ISBN 88-8440-472-X

Cos’è che in un film horror “funziona” veramente? Come si costruisce la tensione? Come si fa a impedire allo spettatore di staccare gli occhi dallo schermo, tenendo ben vivo in lui il sentimento della paura? Introdotto da Brian Yuzna e arricchito da un’interessante storia sull’evoluzione del genere (e corredato inoltre dall’analisi della scaletta di un film attualmente in lavorazione), “Scrivere horror” risponde efficacemente e in modo puntuale alle domande e ai dubbi di ogni aspirante sceneggiatore del brivido. I temi fondamentali, le strategie narrative, gli elementi cardine della struttura di una sceneggiatura, la costruzione della trama, dei personaggi e del dialogo: attraverso il costante confronto con il cinema “classico”, l’autore evidenzia le caratteristiche peculiari dell’horror e della sua scrittura, dando suggerimenti, svelando segreti e fornendo gli strumenti per mettere rapidamente in pratica le conoscenze acquisite.

Nato a Catania nel 1973, Dario Gulli è scrittore e sceneggiatore cinematografico, televisivo e di fumetti. Da professionista del settore, l’autore indica i segreti per creare un buon film horror: come articolare una storia, dove piazzare il colpo di scena, come stendere una scaletta. Il tutto con l’ausilio di illustrazioni ed esempi pratici, riassumendo la storia del cinema del brivido fino alle tecniche narrative e agli standard degli Studios hollywoodiani.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho letto due dei tre volumi presentati. Per quel che riguarda IL BUIO SI AVVICINA lo consiglio caldamente. Fornisce una panoramica molto efficace degli stilemi cinematografici horror con esempi chiari.
SCRIVERE HORROR mi è invece parso più autoreferenziale e "tirato via", se mi si passa il termine.
Saluti