domenica 16 dicembre 2007

“Are you out there, Thomas Ligotti?”


Nessuno ancora in Italia pare seriamente occuparsi di questo autore, il cui nome resta quasi ignoto persino a molti fra gli appassionati di genere.
Salvo pochi racconti in antologie non è mai stato proposto in italiano, né ha molta probabilità di esserlo visto che rifiuta la grande editoria dei bestsellers e, soprattutto, non scrive romanzi.
Eppure, ci troviamo di fronte a un’autentica figura di culto, uno dei maggiori scrittori weird horror viventi, riconosciuto e apprezzato dalla critica. Singolare fenomeno di popolarità sotterranea mai giunto a un successo commerciale che sembra consapevolmente sfuggire, premiato coi più importanti riconoscimenti di settore dai tre Bram Stoker Awards all’International Horror Guild Award.

Americano di seconda generazione, proveniente da una famiglia di origini siciliane, Thomas Ligotti nasce a Detroit il 9 luglio del 1953. Cresciuto in un cattolicesimo che abbandona nella prima adolescenza, trascorre gli anni giovanili in un agiato sobborgo della città ove frequenta il Macomb County Community College, tra il 1971 e il 1973, fino a laurearsi in Inglese nel 1977 presso la Wayne State University.

I tardi anni 60 lo vedono in pieno abuso di alcool e droghe, mentre ancora frequenta le scuole superiori, fino all’agosto 1971 quando iniziano a manifestarsi le prime crisi di agorafobia, i primi attacchi di panico e di quelle sindromi ansiose e depressive destinate ad accompagnarlo negli anni, segnandone la personalità e il rapporto col mondo.

È in questo periodo che il giovane Thomas inizia a scoprire la letteratura fantastica e weird, appassionandosi ad autori come Poe, Machen e Lovecraft fino a iniziare egli stesso a scrivere, mentre è al suo terzo anno di college, trovando in ciò nuovi stimoli e diversione dalle proprie ansie croniche. Sei anni di sperimentazioni e di prove prima di vedersi accettare il primo racconto, The Chymist, con cui fa il suo esordio sulla fanzine Nictalops nel marzo del 1981.

Il suo nome inizia così a circolare su diverse testate tra fandom e piccola editoria, sempre con brevi racconti che lo contraddistinguono per approccio e stile, fino alla pubblicazione nel 1985 della sua prima raccolta Songs of a Dead Dreamer, in sole trecento copie presso la minuscola Silver Scarab Press ma già attirando su di sé le attenzioni di più noti e prestigiosi colleghi, come Ramsey Campbell che del volume firma la breve e lusinghiera introduzione.
Il primo racconto su rivista professionale arriva nell’aprile 1990 con The Last Feast of Harlequin (La festa di Mirocaw), un dichiarato omaggio a H.P. Lovecraft che gli vale il titolo di copertina su The Magazine of Fantasy & Science Fiction.

Dal 1979 Ligotti lavora come editor associato presso la divisione di critica letteraria della Gale Research Company, ora Thomson Gale, raccogliendo e curando monografie critiche su vari autori, fino all’estate 2001 quando lascia finalmente Detroit per trasferirsi a Tampa, nel sud della Florida, dove attualmente svolge attività di freelance nel campo editoriale.

Estremamente riservato e schivo, lo scrittore del Michigan si è reso di per sé “personaggio” nell’evitare qualunque apparizione in pubblico, sfuggendo il contatto diretto con l’intero ambiente professionale e i fans, mai partecipando a premiazioni e conventions. Atteggiamento giustificabile con gli stati ansiosi cui va patologicamente soggetto: fobie e depressioni di cui non esita apertamente a parlare nel corso delle rarissime interviste.
Nessuna pubblica uscita. Nessuna ritratto a testimoniarne un’esistenza fisica a parte una manciata di foto solo più tardi e più o meno ufficialmente diffuse, una delle quali “rubata” addirittura da un annuario aziendale. Non c’è da sorprendersi, dunque, che alcuni lo ritenessero per anni il mero pseudonimo di un qualche autore famoso in vena di esperimenti. Ancora nel 1996 all’uscita di The Nightmare Factory, il suo paperback più diffuso, la prefazione di Poppy Z. Brite si apre rivolta a lui come a un’incognita: “Sei là fuori, Thomas Ligotti?”

Ricercato nello stile, inconfondibile ed elaborato sino ai limiti del “poema in prosa” (talvolta a scapito dell’equilibrio stesso del racconto, osserva qualche critico), per Ligotti come per H.P. Lovecraft e Clark Ashton Smith non è la vita ad avere interesse quanto la “fuga dalla vita”, l’evasione dai suoi limiti verso tutt’altre realtà. Un orrore ontologico anziché psicologico, quello della sua narrativa, che mette in discussione l’essenza stessa delle cose, nel dispiegarsi dell’avvenimento fantastico in sé più che attraverso i protagonisti che l’affrontano. Personaggi sempre ritratti al minino indispensabile, con scarsa e sardonica partecipazione per le loro vicende umane. Figure passive che perdono o non hanno mai avuto il controllo del loro stesso mondo. Semplici comprimari in storie che, ancora come quelle di Lovecraft, pongono la straordinarietà del fenomeno perturbante al centro del palcoscenico e al di sopra di tutto.

E la cifra stilistica, l’uso del linguaggio, è il tutto. L'approccio, benché realistico, risulta quanto di più distante dai bestsellers alla Stephen King, ogni trama secondaria rispetto a tono e atmosfera, poco o nulla concesso a violenza e splatter. Un risultato che va oltre la somma dei suoi elementi, coinvolgendo il lettore nel ridiscutere le proprie scontate percezioni.

Oltre alla prosa di Edgar Allan Poe, una delle maggiori e dichiarate influenze letterarie è rappresentata dal primo e più sognante Lovecraft, quello de La musica di Erich Zann. Al maestro di Providence lo scrittore dedica alcune originali storie, sfuggendo agli abusati orpelli dei canonici “Miti di Cthulhu”.
Fra le sue letture predilette o formative sono citati Borges e William Burroughs, a fronte di una prevalenza di nomi europei quali Nabokov, Cioran, Kafka, Bruno Schulz e anche il nostro Buzzati.

I suoi temi sono spesso quelli del sogno, un allucinato sfumare tra sfera onirica e tenebrose quotidianità. O della “conoscenza proibita” a disvelare i più inattesi e inquietanti aspetti dell’essere.
Ricorrono immagini di simulacri animati, manichini e marionette, oscure ombre dell’inumano. E di ambienti in declino che trasfigurano nel surreale, in un’estetica del decadimento urbano ispirata all’autore dai quartieri abbandonati nella propria città natale.

Descritta come “profondamente nichilista” e velata di sarcastica misantropia, la visione di Thomas Ligotti rivela una realtà indistinta dall'incubo, un mondo in cui l'orrore è l’essenza stessa delle cose, percezione senza veli di un'esistenza incomprensibile e senza scopo. Una creazione forse persino "ostile" che si discosta dall'indifferenza cosmica dell'universo lovecraftiano.
Una visione che alcuni accostano allo gnosticismo, un po’ alla maniera misticheggiante e paranoica dell’ultimo Philip K. Dick. Ma se il pensiero gnostico comunque contempla una divinità, al di sopra del caduto demiurgo creatore del presente e distorto mondo materiale, l’ateismo di Ligotti esclude invece ogni possibilità di “salvezza”.

Dopo la prima limitata edizione, Songs of a Dead Dreamer viene rivisto con l’aggiunta di qualche racconto e l’esclusione di altri fra i meno maturi, per essere pubblicato nel Regno Unito dalla Robinson nel 1989, e un anno più tardi negli Stati Uniti da Carroll & Graf, la quale fa pure uscire le raccolte Grimscribe: His Lives and Works nel 1991, Noctuary nel 1994, e The Nightmare Factory che nel 1996 riunisce in un corposo omnibus i tre titoli precedenti.
The Agonizing Resurrection of Victor Frankenstein and Other Gothic Tales, nel 1994 presso la Silver Salamander Press, raccoglie una sorta di “esercizi di stile” in cui Ligotti rivisita, con alterni risultati, i luoghi comuni dell’horror classico.

Inizia nello stesso periodo la collaborazione con il gruppo musicale inglese dei Current 93 che gli dedica alcune canzoni di All the Pretty Little Horses, album del 1996 concluso da una ghost track nella quale lo stesso scrittore americano declama, attraverso il telefono, una poesia dal proprio racconto Les Fleurs. Del 1997 è In a Foreign Town, in a Foreign Land, un libro con CD allegato (o viceversa, secondo i punti di vista) in cui quattro racconti si accompagnano ad altrettante tracce musicali appositamente realizzate dai Current 93. Seguono I Have a Special Plan For This World (2000) e This Degenerate Little Town (2001), ove il sound del complesso britannico si fonde ai versi di Thomas Ligotti.

Nel 2002 appare My Work Is Not Yet Done: Three Tales of Corporate Horror, volume della Mythos Books che trova nella novella del titolo, premiata con il Bram Stoker Award, l’unico tentativo dell’autore verso la dimensione del romanzo. La vicenda inizia come una semplice storia di serial killer, la vendetta di un impiegato vittima di mobbing, sviluppandosi in ben altro incubo nel corso delle sue centocinquanta pagine.

Sideshow and Other Stories, fascicolo ancora a tiratura limitata, esce nel 2003 presso la Subterranean Press mentre altre edizioni sempre nell’ordine delle centinaia di copie sono pubblicate in Inghilterra dalla Durtro di David Tibet, leader dei Current 93. Tra queste Crampton (2003), una sceneggiatura scritta insieme a Brandon Trenz proposta (ma senza successo) per la serie televisiva X-Files, e i poemetti di Death Poems (2004), fino all’ultimo Teatro Grottesco nel 2006.

Del 2005 è il tascabile The Shadow at the Bottom of the World diffuso dalla Cold Spring Press, ultimo fra i suoi libri ad avere vasta distribuzione di mercato, edito in seguito anche da Subterranean Press.

Un prossimo The Conspiracy Against the Human Race, in uscita per la Durtro, raccoglierà saggistica e interviste in un’ideale “summa” delle considerazioni ligottiane sull’horror. Una sua prima versione è stata offerta ai fans, per limitato periodo, liberamente scaricabile dal sito ufficiale www.ligotti.net.

Dal racconto The Frolic (1982) è tratto l’omonimo cortometraggio (disponibile in DVD) diretto nel 2007 da Jacob Cooney, storia di uno psichiatra ossessionato da un suo paziente del manicomio criminale, killer psicopatico le cui fantasie si sveleranno più realistiche e minacciose del previsto.

I racconti di Ligotti sono tradotti ovunque grazie anche ai contributi in famose antologie. Suoi volumi sono pubblicati in Grecia, in Spagna, e in Germania con edizioni illustrate da H.R. Giger.
Soltanto briciole, dicevamo, in Italia. Per il mercato nostrano una raccolta di racconti horror non la si rischia davvero senza un nome di garantito successo.

In attesa di più coraggio (o incoscienza) editoriale, troviamo L'ultima avventura di Alice in In principio era il male (Mondadori 1990 e ’94), alienazione di una scrittrice fra suo mondo letterario e realtà. Il grande festival delle maschere in Paure eccellenti (Mondadori 1991), strana celebrazione carnevalesca distorta in surreale atmosfera. La festa di Mirocaw in Millemondiestate 92 (Mondadori 1992), in cui un antropologo scopre oscuri risvolti di una festività di provincia. La perduta arte del tramonto in Horror Story 13 (Garden 1992), originale variazione sul tema del vampirismo. L'attrazione in Horror: Il meglio (Nord 1994), un irreale cinema che attira lo spettatore nell’incubo. Delle ombre e dell'oscurità in 999 (Sperling 1999), ove una specie di “guru” trascina nel suo personale orrore i seguaci. Il cuore del Conte Dracula, discendente di Attila, flagello di Dio ne Il grande libro di Dracula (Newton 2000), esercizio stilistico sul più classico dei vampiri. E infine Les Fleurs sulla fanzine Hypnos (2007), in cui un uomo pare vivere differenti realtà eliminando le compagne con cui non può condividerle.

L’angelo della Signora Rinaldi, nel quarto numero di Necro, è un racconto del 1991 la cui versione originale si trova disponibile sul sito web dell’autore. La storia presenta alcune delle più tipiche tematiche ligottiane: la forza del sogno come estensione della realtà piuttosto che sua alternativa, entrambi aspetti di una stessa esistenza d’incubo, in un vicendevole compenetrarsi e confondersi oltre il velo dell’apparenza. Ampliate percezioni di quel supremo stato d’orrore che è la vita.


(Articolo pubblicato sulla rivista Necro - anno I, numero IV, novembre 2007)

10 commenti:

Davide Mana ha detto...

Grande articolo.
Ligotti è uno dei segreti meglio custoditi del "genere" - ed è curioso, perché credo che, se venisse proposto come si deve, acchiapperebbe più lettori nel mainstream che non fra i frequentatori dell'horror.
Un po' come sta capitando al povero Dick.

Ma il destino della narrativa breve in Italia è quello - l'invisibilità.

Alessio Valsecchi ha detto...

Grandissimo pezzo di saggistica.
Complimenti!

Anonimo ha detto...

Ottimo pezzo.
Stavo decidendo se comprare l'antologia di Ligotti uscita con Nova SF e questo articolo mi ha deciso per il sì.
D'altra parte, se si fanno i nomi del mio stra-amatissimo Dick e di Clark Ashton Smith...
Complimenti e tornerò ancora
Un saluto da Luciano /Idefix
http://lucianoidefix.typepad.com/

Andric70 ha detto...

Ne seguo le tracce da qualche tempo, colpito anch'io dalle atmosfere evocate e al contempo dalla miopia editoriale italiana. Freebooks ha annunciato l'adattamento a fumetti di "The nightmare factory" /"La fabbrica degli incubi" (http://www.free-books.it/it/fumetti/default.asp?id=468). A quanto pare dovrebbe uscire questo mese... speriamo si tratti dell'inizio di qualcosa... magari Fanucci?
Un grazie ad Andrea Bonazzi per l'informatissimo profilo critico comprensivo di bibliografia italiana.

Andrea Bonazzi ha detto...

Grazie a entrambi per le buone parole.

Sull'edizione originale di The Nightmare Factory a fumetti avevo postato qualcosa alcuni mesi fa in blog. In qualuque versione, vale la pena di rincorrerlo.

Sul forum di Thomas Ligotti si leggeva l'anno scorso che qualcuno aveva intenzione di "proporre una raccolta a Fanucci" (chiedeva informazioni su eventuali altre edizioni italiane), ma non ci sono segni che la cosa possa aver trovato un seguito.

Nel frattempo, sto leggendo I canti di un sognatore morto appena uscito presso Elara Libri, e per quanto non siano pochi mi sembrano 27 euro ben spesi: rendere Ligotti in italiano senza appiattirne la prosa è alquanto impegnativo (da totale incompetente ne avevo tradotto un racconto breve per Necro #4) e mi pare che qui ci siamo. Peccato non esca in libreria, restando un'edizione per pochi appassionati. Ma almeno,colsolito ventennale ritardo, siamo arrivati a pubblicarlo anche da noi.
Eppure, nonostante per temi e stile il suo modo di scrivere possa apparire ostico allo stretto mercato dell'horror, probabilmente per gli stessi motivi penso sarebbe ben accolto dai lettori italiani al di fuori "del genere."

Anonimo ha detto...

Gran bel lavoro! Complimenti,
X

Andrea Bonazzi ha detto...

Thanks! Scritto a metà 2007, per Necro, in quel momento Ligotti qui pareva proprio non filarselo nessuno...

Controlinkato "uno strano attrattore"

Anonimo ha detto...

Grazie Andrea! Personalmente ho scoperto Ligotti attraverso Hypnos, curato da un altro Andrea... Un autore davvero singolare. Per quanto tardiva, questa sua scoperta italiana è un bene per i lettori. Che a condurla siano state poi proprio delle realtà underground, è qualcosa che mi rende ancora più felice.

Un saluto,
X

Andrea Bonazzi ha detto...

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Anonimo ha detto...

"Ligotti è uno dei segreti meglio custoditi del "genere" - ed è curioso, perché credo che, se venisse proposto come si deve, acchiapperebbe più lettori nel mainstream che non fra i frequentatori dell'horror.
Un po' come sta capitando al povero Dick."

Grazie alla serie di True Detective è stato (ri?) scoperto in massa e credo pure in Italia.