“Che tipo di mondo ci propone di penetrare l’uomo di Providence offrendoci la chiave d’argento che apre la porta dei sogni? A differenza della quasi totalità degli scrittori realistici (Tolkien per fare un solo supremo esempio) il suo mondo mitico-fantastico non è una realtà alternativa: egli ce lo presenta invece — e questa è un’altra sua grande originalità — come un reale integrativo. Ci suggerisce, in altri termini, che il mondo nebuloso e incubico dal quale nascono le sue visioni e i suoi orrori (e sul piano collettivo nascono i miti) non è la semplice negazione dell’universo quotidiano, bensì la sua continuazione.” (G. de Turris e S. Fusco)
La promozione del volumetto ha trovato almeno presso gli appassionati un’ampia ma forse eccessivamente anticipata risonanza, con l’anteprima di una copertina diffusa in rete probabilmente a incentivarne le prenotazioni ma spiazzando un po’ chi cercava invano di rintracciarne l’uscita. E col surreale effetto di vedere siti web che già parevano recensire il libro mesi prima che fosse dato alle stampe.
Finalmente distribuito in fumetteria, Da Arkham alle stelle è un ennesimo omaggio a Howard Phillips Lovecraft in occasione del settantesimo anniversario della sua scomparsa (1937-2007), a cura di Alessandro Bottero e Gianfranco de Turris per Bottero Edizioni con la collaborazione di Cagliostro E-Press.
Stampato in bianco e nero, in una veste che privilegia l’effetto grafico col risultato di trattare in modo disomogeneo e a volte appesantito i testi, l’albo è suddiviso in quattro sezioni distinte presentando sei storie originali a fumetti, otto racconti, tre saggi brevi e una raccolta di ventisei illustrazioni, il tutto ispirato all’opera del maestro di Providence. Non senza goffaggine in qualche resa fra i comics, e in qualcuna soltanto delle tavole illustrative: proposte diseguali negli esiti ma fra le quali emergono pur tuttavia ottime cose.
L’iniziale parte fumettistica, con sviluppi necessariamente compressi nello spazio di poche tavole, apre su Ragnatele di pensiero di Sergio Calvaruso e Michele Moratti in cui, nell’oscurità pressante del nero di china, si ipotizza una visita (mai avvenuta, sappiamo) del Lovecraft bambino al capezzale del padre, ricoverato in ospedale psichiatrico, come origine del suo approccio all’orrore cosmico. Cthulhu’s children di Gianluca Piredda e Paolo Ruas conduce l’incauto acquisto di un collezionista verso un ironico e prevedibilmente infausto finale. Segue Vorago, libero adattamento di Alessandro Botero e Matteo Giurlanda dell’omonimo racconto di Mario Farneti, compreso nella relativa sezione.
Assai meno consistente e riuscito High Power Lovecraft 1945 di Piero Viola e Claudio Valenti, nel quale le due anziane zie rianimano un HPL dapprima apparentemente meccanico per affrontare una minaccia bellica occulta. Storia confusa a parte, bastava una ricerca in internet per dare almeno un tocco realistico a risollevarne il tono, fra l’ormai noto indirizzo del numero 10 di Barnes Street e il pur pignolo particolare della dipartita delle due signore, l’una nel 1932 e nel 1941 la più giovane che sopravvisse al nipote.
Le pagine dedicate al fumetto proseguono con Love Craft di Matteo Pitocco, altro efficace ritratto dello scrittore nell’infanzia interpretando in chiave horror il problematico rapporto con la madre. La conclusiva Il pellegrino di Ilek-Vad è invece una storia del “Mondo dei Sogni” firmata da Giovanni De Matteo, nella quale i disegni di Pierz, al secolo Luca Piersantelli (erroneamente “Giovanni” nei crediti), pienamente sostengono l’evocazione descrittiva delle Dreamlands fino a sfumare nel familiare paesaggio di Providece.
Fulcro della raccolta i tre racconti di Neil Gaiman, resi però in modo approssimativo oltre che anonimo: nessun cenno ai traduttori, con frasi come “la mia morte sono affari miei” a far pensare sia mancato il tempo per una revisione. Della triade narrativa, Uno studio in Smeraldo (A Study in Emerald, 2004) è uno splendido esercizio di stile che, in continuo rimando d’allusioni, intesse i “Miti di Cthulhu” col mondo di Sherlock Holmes. Già pubblicato in Italia nel 2005 sul n. 45 di Robot, la narrazione si accompagna qui al proprio formato grafico originale, illustrato da Jouni Koponen a imitare la stampa del primo Novecento. Soltanto di nuovo la fine del mondo (Only The End Of The World Again, 1994) opera una sorta di fumettistico cross-over inserendo in ambiente lovecraftiano uno dei più classici mostri cinematografici d’anteguerra. Shoggoth Riserva Speciale (Shoggoth's Old Peculiar, 1998) è il finale omaggio di Gaiman nella sua vena tipicamente ironica, sul ciglio della parodia in un pub della sonnolenta costa inglese.
Full Dagon Five. Resurrezione dal profondo è il racconto originale fornito da Alan D. Altieri, il solo a non temere confronti con alcuna analoga storia di genere in lingua inglese, intrecciando in secco quanto evocativo stile temi fantascientifici, “Cthulhu Mythos” e realistica avventura sottomarina.
Segue Lo scarico, un incubo urbano di Paolo D’Orazio, e il citato Vorago di Farneti in una versione “ampliata” rispetto alle pubblicazioni precedenti, con la sua minaccia sotterranea risvegliata nel cuore di Roma. Le variazioni Lovecraft di Errico Passaro si rivela poco più d'una serie di bozzetti catastrofici, tutti ambientati nell’area della Capitale, con la selezione narrativa che si chiude sul convenzionale L'Abisso di Antonio Tentori decisamente in debito col wellsiano Dottor Moreau.
Per la saggistica, L'orrore venuto dallo spazio: La fantascienza di H.P. Lovecraft di Carmine Treanni riassume in un paio di pagine la per nulla ignota tendenza fantascientifica dello scrittore americano, mentre Il Detective dell'impossibile e i Grandi Antichi di Stefano Priarone si limita a individuare le citazioni lovecraftiane negli albi di Martyn Mystere.
Poi c’è l’intervento scritto dal curatore Gianfranco de Turris insieme a Sebastiano Fusco, Lovecraft e noi, ovvero della fantasia e della realtà, nel quale si ribadiscono l’attualità dell’autore e il suo contrapporsi al mondo moderno, sottolineandone intuizioni e rapporti con la sfera del sogno. E qui mi concedo qualche perplessità, nel leggere certi passi:
“Sir John Eccles, premio Nobel per la medicina e specialista nello studio del cervello dedicò l’ultima sua opera fondamentale a un lungo colloquio col filosofo razionalista Karl R. Popper, raccolto in un volume dal titolo The Self and Its Brain. In esso sostiene che, in base ai suoi studi sulle cellule nervose, è impossibile ritenere che la coscienza, l’intelletto, i sentimenti umani siano riconducibili alla sola attività fisiologica dell’organo cerebrale, ovvero che siano “una secrezione della ghiandola cervello,” secondo la barbara enunciazione dei filosofi materialisti. La coscienza, insomma, è una funzione che si origina da un quid indipendente dal corpo fisico, anche se con esso sembra in rapporto di reciproco dare e avere.
Lovecraft — il materialista Lovecraft — aveva raggiunto la medesima conclusione novant’anni fa. Il mondo extra-positivo che egli aveva additato era quello del sogno, il quid extra-materiale cui affidarsi per raggiungerlo lo chiamava fantasia: ma la strada era la stessa che stanno riscoprendo taluni — pochi, ma in numero crescente — scienziati e filosofi.” (Cit. da pag. 100)
La medesima conclusione?… Così costruita la frase, può apparire che Lovecraft fosse giunto a concludere che “la coscienza non ha origine dal corpo fisico,” passando in tal modo da materialista dichiarato e convinto a sostenitore dell’esistenza di uno spirito o quid disincarnato che sia. Dovrebbe restare un parallelismo: il sogno come elemento extra-materiale ma per mezzo (e nei limiti) della fantasia. Altrimenti, in tutta ambiguità, suona come un avallo a scambiare le concezioni filosofiche del gentiluomo del Rhode Island con le sue prese di posizione di carattere esclusivamente estetico.
Alle illustrazioni, talvolta penalizzate dalle necessità del bianco e nero, sono dedicate le pagine finali che riuniscono tavole di Francesco Biagini, Francesca Ciregia, ED!, Luca Ferrara, Claudio Franchino, Elisabetta Giulivi, Giorgio Iannotti, Roberto Martinelli, Matteo Pinci, Matteo Radenti (a colori in quarta di copertina), Niccolò Storai, Marco Tagliapietra, Davide Tognetto e Daniele Tomasi, mentre si deve a Laura Braga il ritratto di H.P. Lovecraft in copertina.
Da Arkham alle stelle
aa.vv.
a cura di Gianfranco de Turris e Alessandro Bottero
Bottero Edizioni, 2008
brossura, stampa in b/n, 130 pagine, Euro 15,00
ISBN 978-88-95114-07-01
5 commenti:
Assai meno consistente e riuscito High Power Lovecraft 1945 di Piero Viola e Claudio Valenti, nel quale le due anziane zie rianimano un HPL dapprima apparentemente meccanico per affrontare una minaccia bellica occulta. Storia confusa a parte, bastava una ricerca in internet per dare almeno un tocco realistico a risollevarne il tono, fra l’ormai noto indirizzo del numero 10 di Barnes Street e il pur pignolo particolare della dipartita delle due signore, l’una nel 1932 e nel 1941 la più giovane che sopravvisse al nipote.
La recensione del volume la trovo interessante e stimolante. L'unica nota a margine per quanto riportato sopra. Il racconto a fumetti di Viola e Valenti è un chiaro omaggio ucronico al personaggio, e la spiegazione si trova nei titoli del giornale che leggono le due zie, che ci spiegano che ci troviamo in una dimensione parallela dove sono sfuggite alla tassonomia di wikipedia.
Grazie ancora e alla prossima.
Il Conte di Cagliostro
Grazie mille per la correzione (soprattutto perchè non era colpa tua).
E grazie anche per le parole nella recensione ;)
Pierz
Volevo ringraziare per la recensione (siete stati credo i primi in assoluto a nominare anche gli autori minori... me compresa XD ).
Possono esserci opere più e meno riuscite & nomi più o meno conosciuti di altri, ma non esistono autori "minori"! :-D
Molto carina "Providence 1897"
volevo ringraziare anche io per la recensione scritta senza pregiudizi e che pero', pur criticando alcuni aspetti narrativi della storia "High Power Lovecraft 1945" da me disegnata, non parla dei disegni..
ma quasi quasi avrei paura di chiederlo... :)
Claudio Val70
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