venerdì 7 dicembre 2007

Purché ci sia “Lovecraft” in copertina


Siamo un bel branco di polli: collezionisti, fans a oltranza, tuttologi del lovecraftianesimo… tutti a comprare qualunque cosa (o quasi) venga dato alle stampe con il nome di Howard Phillips Lovecraft in copertina.
E il minimo che ci si aspetta dai polli è che questi si lascino tranquillamente spennare, in cambio del minimo del becchime. Spennare in senso ornitologico e metaforicamente economico perché del farsi privar di penna, quella per scrivere, non se ne parla proprio.

Scaduti i termini del diritto d’autore, ai settant’anni dalla morte di Lovecraft, una ristampa della sua narrativa non la si nega ormai a nessuno, dai grandi marchi alle più piccole edizioni on-demand. Anche se ci si guarda bene dall’avvertire che tali opere non più coperte da copyright sono soltanto le versioni a suo tempo pubblicate su rivista, con tutte le manipolazioni e gli errori dell’epoca e delle testate in cui apparvero. Lontani dal potersi considerare testi “definitivi” e corretti.

Poi c’è la “saggistica,” parola che tocca a volte mettere fra virgolette. Ed eccoci all’ennesimo acquisto, di quelli da fare con qualche cautela non trovando informazioni sufficienti per anticiparsene un’idea: quasi nulla in rete e niente in libreria trattandosi di minuscola casa editrice. Però, son solo sei euro… Ma sì, proviamo presso le solite librerie on-line. Sulle quali, fra l’altro, è tutto un oscuro fiorire di assortiti Necronomicon & affini: qualcuno è un romanzo, qualcun altro risulta come un misterioso nuovo volume italiano illustrato, in sedici pagine per trentadue Euro. (Trentadue diviso sedici... Fosse miniato da un amanuense in foglia d’oro?)

Alla fine arriva il volumetto, una brossura da 64 pagine formato 19x12. Il titolo è H.P. Lovecraft. Conversando con H.P. Lovecraft di Leonardo Baggiani, Mermaid Editore, 2007, Euro 6,00 ISBN 88-86592-29-9.

Il primo “H.P. Lovecraft” stampato a corpo maggiore sia in copertina che sul dorso è ridondante, ben piazzato a suggerire che i contenuti possano comprendere suoi testi. Con un’attribuzione del genere, Fanucci perse una causa legale nel 2001 per “copertina ingannevole.” Ma questa è un’altra storia, e il nome di chi firma il tutto si trova qui saggiamente al posto giusto.

Qui, si tratta in realtà di una conversazione immaginaria tra l’autore del libro e lo scrittore americano, divisa in tre “incontri” al tramonto nella Providence del 1936 e strutturata come un’intervista in domande e risposte dirette. Fino a questo punto niente di particolarmente strano, poi al primo voltar di pagina:

H.P.L.: I miei genitori volevano fortemente una femmina. Curavano il mio aspetto, ed i miei bellissimi riccioli biondi, proprio come una bambina, ed ero talmente grazioso da sembrare in effetti tale. Più tardi hanno avuto altri due figli di cui la prima appunto una femmina.”

Ecco, questo sì che sarebbe lo scoop del secolo… la scoperta che Lovecraft aveva un fratello e una sorella di cui nessun biografo mai si era accorto prima. Ma si fa probabilmente confusione con la famiglia della zia Annie E. Phillips Gamwell: dei suoi due figli, cugini di Howard, il giovane Phillips morì di tubercolosi nel 1916, appena diciottenne, mentre la femmina, Marion Roby, sopravvisse solo pochi giorni alla nascita nel 1900.

Chi ha scritto il volume avrebbe fatto miglior figura a documentarsi almeno presso alcune fonti web in inglese piuttosto che tirar giù appunti, come appare, dalle introduzioni e gli apparati biografici delle solite traduzioni lovecraftiane in Italia. A parte la forma (e l’assenza di editing, se non altro a correggere i passaggi dal “lei” al “tu”), imprecisioni e strafalcioni più o meno rilevanti si susseguono come in un quiz-book del tipo “scova l’errore.” Si ripetono alcuni dei più scontati luoghi comuni sul Gentiluomo del New England, perpetuando informazioni superate e altre campate in aria. Dispiace vedere che a un Lovecraft per quanto fittizio si facciano pronunciare certe sciocchezze:

H.P.L.: Lei si è ben informato. Sì, ci sono molte attinenze; senza addentrarci nei particolari e nel contenuto dell’Enuma Elish, […] Inoltre in sumero “Kutulu” significa “abitante di Kutu,” una città ancora esistente in Iraq; il suono le suggerisce nulla?”

Tanto per fare un po’ di cronaca, l’accostamento fra il pantheon lovecraftiano e i miti sumeri è un’invenzione piuttosto recente, diffusa negli anni 70 dal preteso Necronomicon di Simon, al secolo Peter Levenda, del tutto arbitraria nel manipolare nomi e attributi allo scopo di creare una base per il proprio pseudo-esoterico sistema. Una bufala, insomma, per quanto suggestiva, che si alimenta da sé e ricorre da decenni su internet, in articoli che mai ne citano le fonti, o in volumi ostinatamente presi sul serio persino quando sono palese fiction inserita in collane di genere, come i vari Necronomicon con seguiti e rifacimenti usciti negli anni per Fanucci.

Vale la pena di parlare in qualunque modo di queste pubblicazioni, fornendo loro immeritata pubblicità? Oppure è meglio avanzarla, qualche critica... Almeno per distinguere tra chi specula, millantando competenze che non si reggono in piedi, e chi la ricerca in questo strettissimo campo la fa sul serio e da anni?

O magari sarebbe il caso di farsi furbi e seguire l’esempio. Nessuno ha mai sfruttato l’assonanza tra i nomi “Cutolo” e “Cthulhu,” per pubblicare uno studio che dimostri come la criminalità organizzata in Italia sia nelle mani (nei tentacoli, negli pseudopodi o in quel che altro vi pare) dei Grandi Antichi?... Mai mettere limiti a quel che se ne può cavare.

Più “realisticamente,” si possono ancora coprire quelle poche aree trascurate o mai sfruttate a dovere dell’altrimenti documentatissima biografia lovecraftiana. Un bel saggio tipo Le liste della spesa di H.P. Lovecraft. Una “appassionante selezione dall’epistolario e dalle più recondite testimonianze: tutta la verità sui conti e le spese dal droghiere, i ricambi e la manutenzione di sartoria, il riciclo di ogni pezzo di carta e l’eterno dispendio in francobolli. In appendice, spesa e vicissitudini presso i negozi di New York per sostituire gli abiti rubati. Una vita al risparmio, fino all’ultimo cent!” (Ultima frase espressamente coniata per il mercato editoriale genovese.)

Il bello è che non sarebbe nemmeno necessario inventare dati, aneddoti né altro, a patto di andarsi davvero a leggere qualche libro in lingua originale.


13 commenti:

Anonimo ha detto...

Quanto mi piacerebbe sentire cosa han da dire gli editori e l'autore a riguardo, le giustificazioni che adotterebbero e magari i motivi di tutto ciò...
Io ci scriverei un "Conversando con Leonardo Baggiani"!

Unknown ha detto...

Scusa ma dove posso comprarlo quel libro sulla spesa di Lovecraft?
Ma ci sono i nomi dei negozi dove si riforniva? Perché vorrei andarci pure io capisci, se mangio quel che mangiava lui poi magari scrivo quel che scriveva lui, dai su dillo no se lo sai dai dai!

Elvezio Sciallis ha detto...

Se non mi pagano per l'introduzione gli faccio chiudere baracca...

Alessio Valsecchi ha detto...

Ho segnalato l'articolo su LTN.
Spassosissimo!

Massimo ha detto...

"Cutolo" e "Cthulhu"...ottima idea! A questo punto, c'e' da chiedersi se sia davvero un bene che i diritti sulle opere di Lovecraft siano scaduti.

Anonimo ha detto...

Ma "i temi delle elementari di Lovecraft" dove lo trovo? volevo vedere se qualche volta aveva preso "bravissimo e 10 lodi" o se c'era scappato qualche "rifare"...

Andrea Bonazzi ha detto...

Siete folli. Avanti così e tocca far stampare la La lista della spesa, magari con lo stesso rapporto paginazione/prezzo del Necronomicon che si trova su IBS (16 pagg. 32 Euro, ma la colpa qui sarebbe di chi ha scritto la prefazione e vuole la percentuale sugli incassi).

La dieta lovecraftiana non sarebbe eccessivamente consigliabile: non è detto che porti al tumore intestinale ma sui problemi renali aiuta. Comunque, temo che il Weybosset Pure Food Market dove andava a comprare nel '36 abbia chiuso negli anni 40. Una sorta di "lista della spesa" si trova (realmente) in una lettera a Jonquil Leiber (la prima moglie di Fritz Leiber) datata 20 dicembre 1936 nella quale H.P.L. dimostra, conti alla mano sugli alimentari e il relativo costo d'acquisto, che sopravvive spendendo circa 30 centesimi al giorno per mangiare.
Ho provato adesso per curiosità un calcolatore d'inflazione in rete: secondo quello, 30 cent del 1936 sarebbeo 4 dollari e 41 centesimi di oggi.

I temi delle elementari non li ha conservati sennò, fidati... sarebbero già stati pubblicati anche quelli, in edizione hardback con note a margine (non le note della maestra, eh...). Tra gli juvenilia pubblicati pure in italiano, The Little Glass Bottle è del 1897, quando HPL aveva 7 anni. Sono apparse (in The Ancient Track) persino le poesie rimaste di quando aveva quell'età...

Alessio Valsecchi ha detto...

Lancio questa proposta, che, lo dico subito, mi vedrebbe eventualmente coinvolto solo in fase di STAMPA del prodotto finito.

SCRIVIAMO VERAMENTE questo libro.

Qualche articolo saggistico tra il serio e il faceto e il comico, da impaginare e stampare in AUTOPRODUZIONE grazie ai potenti mezzi della società per cui lavoro (fotocopiatrici a colori Konica Minolta A3+), e da regalare poi a eventi, cene, aperitivi...

Basterebbe veramente poco...

Andrea Bonazzi ha detto...

No, caspita... un minimo di coerenza e di ritegno!

Inoltre, c'è chi è davvero disposto a collezionare persino questo. E non sarebbe la prima volta che su un qualcosa fatto senza scopi di lucro si avventano gli sciacalli, a prendere tutto quel che possono per rivenderlo poi nel giro di poco tempo e a caro prezzo sui mercati del collezionismo.

Unknown ha detto...

Quindi nella stessa frase Andrea sta dicendo che è un idea assurda che potrebbe far fare più soldi di molte idee serie messe assieme e che quindi non si può fare, ma usando uno pseudonimo magari?

Se volete visto che già era in Italia io posso dimostrare come sia passato per Trieste per contattare persone a conoscenza della famigerata Camera Rossa.
Esiste addirittura un filmato ormai semi distrutto che lo riprende sul Molo Audace che inneggia misteriose litanie mentre la mareggiata infuria.

Anonimo ha detto...

In realtà a Trieste la notte del 31 dicembre 1933 ci fu uno storico incontro, sfuggito alle cronache dell'epoca e ai successivi biografi, fra H.P. Lovecraft, Sherlock Holmes e Sigmund Freud. Non si conosce il motivo di questa riunione fra i 3, ma certamente il mondo fino allora conosciuto iniziò a cambiare. E' da allora infatti che la setta dei Nascosti insieme ai Tre-che-sono-Uno si prodiga, ben attenta a non farsi scovare, per difendere l'intero genere umano dalla minaccia di "Quelli di Fuori"....

Davide Mana ha detto...

Mi riprendo solo ora dal parossismo di risate scatenato dalla faccenda di "Abitante di Kutu".

A parte il babilonese maccheronico, è opportuna la notazione che, per noi torinesi, "Cutu" è l'abbreviazione di "Cutulengu" - overo l'Ospizio del Beato Cottolengo per Ritardati Mentali.
Ergo, per deriva linguistica,
Kutu = Idiota.

Il che ha un suo risvolto lovecraftiano...

Da una baggianata all'altra, suelle Liste della Spesa, io comunque proporrei tre volumi
. la giovinezza
. gli anni di Weird Tales
. i giorni del declino

Andrea Bonazzi ha detto...

Soltanto in poche rarissime copie integrali del Necronomicon è veracemente descritta "la Volta Rossa dell'ingresso al Kutu..."
:D