Ambientato in una indefinita metropoli tedesca, intorno agli anni Trenta, ha per protagonista un giovane reporter che indaga su un vecchio palazzo a proposito del quale circolano oscure leggende: costruito nel Medioevo da un alchimista, Güstenhöver, e ristrutturato e ampliato nel corso dei secoli, è come se l’edificio fosse cresciuto da solo, come un organismo vivo... Ma non meno misteriose sono le storie di coloro che lo abitano. Dal proprietario della Locanda del Pavone (al primo piano del palazzo), un persiano di nome Kahn, a capo della misteriosa setta degli Yazidi, adoratori dell’Angelo Caduto, all’erede diretto di Güstenhöver, l’orologiaio Hieronymus, che ha una bottega al piano terra, dove, riparando orologi, guarisce le anime dei clienti. Dal dottor Ismael Steen, che, al piano superiore dell’edificio, dirige un fantomatico studio cinematografico, mentre sul tetto di vetro del palazzo atterrano strani velivoli, al dottor Apulejus Ochs, creatore di insolubili problemi scacchistici... e che consegna al reporter un manoscritto nel quale è contenuta tutta la verità sulla casa dell’alchimista.
Gustav Meyer, alias Gustav Meyrink (Vienna, 1868—Starnberg, Baviera, 1932), fu romanziere e occultista. Studiò tra Monaco, Amburgo e Praga, dove visse per molti anni. Fondò la Loggia teosofica di Praga “Zum Blauen Stern” nel 1891. Iniziò la sua attività letteraria nel 1900, collaborando a Simplicissimus, dove pubblicò le prime novelle, già contraddistinte da una vena grottesca. Il suo primo romanzo, Il Golem, risalente al 1915, gli fece conoscere da subito un grande successo di pubblico e critica.
A più di un quarto di secolo dalla sua prima edizione italiana, Liberamente Editore riporta finalmente in libreria La casa dell’alchimista, romanzo incompiuto di Gustav Meyrink, riproposto e aggiornato in contenuti e saggistica con una revisione di Alessandra Buschi sull’originaria traduzione di Piero Cammerinesi apparsa nel 1981 per le Edizioni del Graal, sempre a cura di Gianfranco de Turris.
Non un romanzo completo dunque, anche se risvolti e quarta di copertina mancano di darne indicazione. Das Haus des Alchemisten è il titolo, a quanto pare provvisorio, di quello che avrebbe dovuto essere l’ultimo romanzo di Meyrink, iniziato nel 1927 e rimasto incompleto alla morte dell’autore. Di esso rimangono tre capitoli titolati, soltanto il secondo dei quali apparve postumo sulla rivista Die Einkehr nel marzo 1933, e gli appunti dello scrittore austriaco con il piano dell’opera, comprendente il quadro descrittivo dei personaggi e una sinossi generale della trama, già in realtà divergente nei capitoli sviluppati man mano in nuove direzioni. Soltanto nel 1973 l’intero corpus de La casa dell’alchimista verrà pubblicato nella raccolta saggistica e narrativa Das Haus zur letzten Laterne, edita in Germania presso Langen Müller.
Frammenti di quanto doveva rappresentare “una sintesi letteraria e spirituale dell’opera di Gustav Meyrink,” un “romanzo iniziatico” nella consueta vena fantastica a tratti sottilmente satirica e sempre percorsa fra i simboli di una concezione esoterica del mondo, queste de La casa dell’alchimista appaiono come le tessere preliminari di un mosaico di grande effetto. La casa stessa si rende protagonista e fulcro della storia nell’intrecciare il destino dei suoi occupanti, preso ognuno a perseguire una ricerca propria e personale, scopi che andranno intersecandosi confluendo l’uno nella vicenda dell’altro: a inizare dall’orologiaio che “aggiusta” ben più che i semplici meccanismi affidatigli, a Papà Adam, folle in apparenza ma forse svegliatosi a un diverso stato di coscienza che gli permette accesso a un differente piano dell’essere. Dai misteriosi orientali adoratori di Malek Ta’us, l’Angelo Caduto raffigurato nel simbolo del pavone, al fascino sinistro di un mefistofelico dottor Steen.
Personaggio, quest’ultimo, dotato d’ogni premessa per diventare memorabile, affine ai vari Caligari e Mabuse del cinema espressionista e della letteratura popolare dell’epoca. Sorta di genio oscuro e dominatore votato a trasformare a sua misura il genere umano come il piombo in oro alchemico (e poco male se i più soccomberanno): corrompendolo, piegandone lo spirito e, soprattutto, manipolandone le coscienze attraverso un distorto utilizzo della scienza e della tecnologia moderna. L’inversione delle tecniche di psicanalisi per indurre anziché alleviare insanità, per esempio, e l’uso del cinema quale mezzo di persuasione e propagazione per il suo messaggio, nella pretesa d’incarnare lo stesso angelo Malek Ta’us, rivelandosi in un film destinato alle masse. Araldo di un divino “caos sovvertitore,” quindi, alla stessa maniera in cui al di là dell’Atlantico, pochi anni prima soltanto, un certo H.P. Lovecraft aveva sognato e descritto il “Caos Strisciante” in Nyarlathotep.
In appendice ai frammenti è compreso L'Orologiaio (Der Uhrmacher, 1926), racconto nel quale si ritrova in nuce uno degli elementi principali del romanzo, mantenendovi pure i tratti di ambiente: interi brani, persino, a descrivere gli orologi singolari della sua bottega. Considerato come allegoria dell’iniziazione gnostica di Meyrink, il racconto è analizzato a seguito in tal senso nel saggio breve Metafisica dell'«Orologiaio» di Arnold Keyserling (Die Metaphysik des Uhrmachers von Gustav Meyrink, 1966).
L’introduzione del libro si affida a Gustav Meyrink: una nota biografica di Piero Cammerinesi, breve presentazione che include il testo di una lettera dello scrittore a proposito della sua reazione, nel 1932, al trauma della morte del figlio. In conclusione il saggio Gustav Meyrink tra fantasia ed esoterismo di Gianfranco de Turris, ampliato e aggiornato rispetto all’originale del 1981 ma non meno caustico verso certa critica letteraria dei decenni trascorsi.
“[…] La realtà è solo ciò che la maggior parte degli esseri percepisce collettivamente o… potrebbe percepire? Sono autorizzato ad affermare: questo o quello è sogno, vaneggiamento o illusione, semplicemente perché è soltanto uno a percepirlo? No, non posso e non voglio affermarlo, neppure se ciò che sento dalla bocca di un solo uomo si facesse beffe di ogni evidenza… Posso solo tacere e pensare dentro di me: io non lo so”. (Dal secondo capitolo Bisnonna Vaporina, pag. 47)
La casa dell’alchimista
Gustav Meyrink
Collana Lo specchio di Orfeo, Liberamente Editore, 2008
brossura, 160 pagine, Euro 10,90
ISBN 978-88-6311-015-9
2 commenti:
Sai qual è la via più breve per trovarlo? (dubito la libreria...)
Ian
In Feltrinelli per esempio ce l'hanno, e lo vedo anche sui soliti siti librari. Liberamente come editore non dichiara nemmeno una sede: c'è solo la dicitura "stampato per conto di Barbera Editore Srl". Tuttavia, Liberamente è Barbera Editore, tanto che i comunicati stampa di promozione provengono da Barbera. Ma sembra che vogliano tenere i marchi separati (i titoli di Liberamente non figurano sul sito di Barbera, per esempio, quindi per ora non sembra si possano comprare direttamente da lì come gli altri). Forse è questione d'insicurezza sui copyright? Nel libro di Machen c'era la formula dei "diritti a disposizione" sostenendo di non aver rintracciato gli aventi diritto, quando i recapito dell'estate di Arthur Machen si trova pure via Google. Stessa formula qui per quanto riguarda i diritti della traduzione.
Comunque, a breve di Machen per Liberamente esce anche La collina dei sogni, presumibilmente nella stessa ottima traduzione di De Nardi apparsa per Reverdito nel 1988.
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