mercoledì 30 aprile 2008

Ursula Equizzi, “Unreal Art”




Vive a Palermo, ma preferisce da qualche tempo soggiornare tra i felidi della città di Ulthar. E non ama le note biografiche. Meglio lasciar parlare i suoi pennelli, coi linguaggi dell’olio e dell’acrilico e i dialetti delle tecniche miste sui più svariati supporti: tela, legno, circuiti stampati. La pittura di Ursula Equizzi ha parecchio da raccontare una volta arrivati al punto in cui la realtà si trasforma in qualcos’altro, in un “non reale” che, per citare J.R.R. Tolkien, si fa azione razionale e consapevole della fantasia: “Fantasy is a rational not an irrational activity” (in On Fairy-Stories, 1939).

Suoi quadri e disegni sono apparsi su diverse pubblicazioni, hanno illustrato copertine e interni del gioco di ruolo italiano Sine Requie, hanno vinto concorsi nazionali come quello legato all’uscita del film Underworld, sono stati proiettati in un On-screen Art Show nel corso dello H.P. Lovecraft Film Festival di Portland nel 2003.

Ursula ha realizzato i suggestivi dipinti lovecraftiani le cui ravvicinate inquadrature rendono da sole efficaci certe scene del film Road to L. (2005) e del precedente falso documentario H.P. Lovecraft. Ipotesi di un viaggio in Italia (2004). Ancora per lo schermo, ha disegnato gli inquietanti poliploidi del mediometraggio R.A.C.H.E. (2005) di Mariano Equizzi, tratto dalla narrativa di Valerio Evangelisti.

Il suo sito Unreart - Unreal Art attende sempre di essere aggiornato, tempi felini e popolazione ulthariana permettendo. Ci sono pennelli che molto hanno ancora da dire.

Galleria: sito web ufficiale unreart.net.

giovedì 24 aprile 2008

Nel nome di Lovecraft, ancora sotto il segno di HPL

In queste quindici storie credo che l'inventiva sia stata sollecitata al massimo dalla stima e dalla adesione al “personaggio Lovecraft”, oltre che dal fascino suscitato dalle sue fantasie letterarie che ognuno degli autori ha fatto proprie. (G. de Turris)

A breve distanza dal recente Da Arkham alle stelle, l’editore Bottero torna all’omaggio lovecraftiano escludendo stavolta l’elemento fumettistico per concentrarsi sulla sola narrativa.

A cura del veterano Gianfranco de Turris, l’antologia riprende i contenuti di Sotto il segno di HPL, un ottimo volumetto realizzato undici anni fa presso la rivista specializzata Yorick, limitato nella diffusione e pienamente meritevole di una maggiore e rinnovata attenzione.

In copertina la classica tavola di Karel Thole che già illustrò nel 1977 la prima edizione de La lampada di Alhazred, riprodotta con tutta evidenza dal libro stesso. Strettamente riquadrata, l’immagine conserva addirittura visibile il marchio di Fanucci, scurito ma lo stesso evidente. Auspicabile quindi non si tratti della versione definitiva, salvo ottenere il surreale effetto di ritrovarsi il nome di un editore sul volume di un altro.

Ampliata nelle proposte con l’inserimento di nuove storie brevi, tutte ancora incentrate sulla figura personale e romanzata di H.P. Lovecraft, l’edizione si aggiorna anche nella parte saggistica particolarmente interessante nell’intervento di Pietro Guarriello, Il personaggio Lovecraft, a illustrare le numerose occasioni in cui il Gentiluomo di Providence si è trovato al capo opposto della penna o della macchina da scrivere, già in vita ritratto sulla carta da amici e colleghi scrittori e ancora oggi trasformato in protagonista di fiction. A seguito, l’autore e giornalista Michele Tetro fornisce una dettagliata presentazione dell'uscita.

L’antologia Nel nome di Lovecraft, curata da Gianfranco de Turris per i tipi di Bottero Edizioni, ripropone l’edizione del 1997 di Sotto il segno di HPL, pubblicazione semi-professionale edita da Yorick Fantasy Magazine, con l’aggiunta di tre nuovi racconti sempre aventi come protagonista lo scrittore statunitense. Troppo innovativo per la critica letteraria dei suoi tempi, Howard Phillips Lovecraft (1890-1937) godette di straordinaria fama, sempre in crescendo, solo dopo la sua morte. È oggi riconosciuto fra i maggiori scrittori di letteratura fantastica, insieme a Edgar Allan Poe, ed è considerato uno dei precursori della fantascienza angloamericana. Ha lasciato un epistolario di così vaste proporzioni che alcune missive possono considerarsi lunghi saggi sui più disparati argomenti.

A oltre settant’anni dalla scomparsa un nuovo volume a lui dedicato vede la luce in Italia, con il contributo di alcuni tra i più noti esponenti del fantastico nostrano. Quindici autori italiani hanno fatto proprie le fantasie letterarie di Lovecraft, i suoi sogni, i suoi pensieri, il suo spirito, filtrandoli con inventiva e adesione al “suo” personaggio in altrettanti racconti che lo vedono protagonista, nelle sfaccettature di uomo, filosofo e scrittore, operando una “metabolizzazione” lovecraftiana attraverso diverse culture, predisposizioni e sensibilità d’animo. Ed ecco che lo scrittore Lovecraft diventa “l’eroe” Lovecraft, il “demiurgo” Lovecraft, il “deus ex machina” Lovecraft che agisce nei meandri della sua stessa creazione letteraria, “mosso” da altri scrittori, che lo immaginano come eroe intellettuale il quale risolve problemi complicati sul piano dell’inconscio (La Porta degli Incubi di Giandomenico Antonioli), sul piano dimensionale (La Locanda dei Due Mondi di Fabio D’Andrea), sul piano temporale (L’enigma del teschio di Massimo Tassi e Paolo Tosini), sul piano onirico (Nel ghiaccio, sull’orlo di Michele Tetro), sul piano fisico (Strano incontro a Providence di Giuseppe Cozzolino e Angela Cinicolo), indirizzando altri con la sua filosofia (Mio nonno e il Nonno di Gabriele Marconi; Robert Howard Lovecraft di Errico Passaro; L’appuntamento mancato di Gianfranco De Turris), sul rapporto creatore-creazione (L’ultimo rigo di Franco Clun; Il testamento di HPL di Antonio Tentori; Il modello di Lovecraft di Giulio Leoni), sulla morte (Nove ore di Marco De Franchi; Il paziente della stanza accanto di Giuseppe O. Longo; Il visitatore di Luigi De Pascalis). Il volume contiene anche una poesia di August Derleth, che narra dell’incontro (ovviamente mai avvenuto) tra Lovecraft e Poe, un saggio di Pietro Guarriello che esplora nel genere fantastico tutte le opere che hanno avuto Lovecraft quale protagonista narrativo e una serie di illustrazioni in bianco e nero di Matteo Pinci.

Nel nome di Lovecraft
aa.vv.
a cura di Gianfranco de Turris
Bottero Edizioni, 2008
brossura, illustrazioni in b/n, 202 pagine, Euro 18,00
ISBN 88-95114-11-8


martedì 22 aprile 2008

Cento anni di Donald Wandrei


Quasi inosservato rispetto agli anniversari da poco trascorsi di assai più celebrati colleghi, lo scorso 20 aprile cadeva il centenario di Donald Wandrei, nato a St. Paul, in Minnesota, nel 1908 e scomparso nel 1987.

Poeta, autore di racconti fantastici e horror, di fantascienza e thriller, Donald Albert Wandrei, questo il nome completo, fu dal 1924 giovanissimo corrispondente di Clark Ashton Smith, e di Howard Phillips Lovecraft da un paio d’anni più tardi, stabilendo duraturi rapporti con l’intero gruppo dei fantasisti di Weird Tales del quale da lì a breve sarebbe entrato a far parte, pubblicando la sua prima storia, Il Cervello Rosso (The Red Brain), sulla stessa rivista nell’ottobre del 1927 per contribuire in seguito alle più diverse testate nazionali, dal pulp di genere su Astounding o Black Mask alle più prestigiose pretese letterarie di Esquire. Una carriera virtualmente interrotta dalla chiamata alle armi, nel 1942.

Fratello maggiore di Howard Wandrei, scrittore anch’egli benché forse più noto per le sue rare e suggestive illustrazioni, Donald fu tra i primi ad applicare il lovecraftiano punto di vista “cosmico” e non antropocentrico alla propria narrativa fantascientifica e weird, culminata nell’unico romanzo Dead Titans, Waken! scritto nel 1932 ma riveduto e pubblicato soltanto sedici anni più tardi come I giganti di pietra (The Web of Easter Island, 1948).

Ben poco, tanto per cambiare, è stato tradotto in Italia. I giganti di pietra uscì già nel 1956 per I Romazi di Urania, quindi ancora in Urania nel 1965 e nella relativa collana di Classici nel 1978. Il resto è rappresentato da sei racconti appena, che si alternano in svariate antologie: Qualcosa dall'alto (Something from Above, 1930), Gli uomini-albero di M’Bwa (The Tree-Men of M’Bwa, 1932), La signora in grigio (The Lady in Gray, 1933), Colossus (1934), Il cratere (The Crater, 1967) e il citato Il Cervello Rosso, anche con titolazione “mimetizzata” in Polvere Cosmica.

Dopo la morte di Lovecraft, Wandrei si rese co-fondatore dell’Arkham House insieme ad August Derleth, contribuendo considerevolmente a diffondere il lascito letterario dell’amico di Providence e fortemente insistendo sull’importanza di pubblicarne il vasto epistolario; opera che seguirà sempre da vicino pur firmando la cura “ufficiale” dei soli tre primi volumi di Selected Letters. Alla dipartita di Derleth, nel 1971, cessò infine i rapporti con la casa editrice a causa di una disputa legale.

I primi libri di Donald Wandrei, Ecstasy and Other Poems (1928) e Dark Odyssey (1931), sono non a caso raccolte di poesie. Capace di passare dalla lirica passionale alle sfrenate fantasie del visionario e del macabro, i suoi versi di carattere fantastico iniziarono ad apparire in serie su Weird Tales dal 1927, singoli elementi dei magnifici Sonnets of the Midnight Hours in seguito completati e raccolti nel volume Poems for Midnight del 1964. Particolarmente apprezzati da H.P. Lovecraft che ne trarrà spunto adottando la forma del sonetto, per quanto irregolare, nel ciclo dei suoi Fungi From Yuggoth composti a partire dal 1929.

Proprio in occasione del centenario della nascita, presso la Hippocampus Press è in uscita Sanctity and Sin: The Collected Poetry and Prose-Poems of Donald Wandrei, una brossura che dell’autore dovrebbe raccogliere la produzione poetica al completo, illustrata dal fratello Howard.

Qui a seguito, in mancanza di altri riferimenti in italiano, un esempio dai versi di Wandrei, del tutto personale nella versione e nella scelta.



Fantastic Sculpture di Donald Wandrei, sonetto XXIII da Sonnets of the Midnight Hours, in Poems for Midnight (Arkham House, 1964). Traduzione di Andrea Bonazzi.


lunedì 21 aprile 2008

Joachim Luetke: ritratti del postumanesimo




Scultura, pittura e fotoelaborazione assemblate assieme come le parti stesse che rappresentano, fra l’inorganico e l’umano, fuse e confuse fino a vedersene arrugginire le ossa e decomporsi, invece, i metalli. Una desolazione postindustriale e appunto post-umana, grido inespresso di macchine organiche e vecchi scheletri meccanici; di simulacri, ibridazioni e corpi che trascendono nel surreale.

Nato in Germania nel 1957, Joachim Luetke studia arte in Svizzera sul finire degli anni 70 per poi trasferirsi in Austria, perfezionando gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Vienna sotto la guida di Rudolf Hausner, maestro del Realismo Fantastico. Luetke, che tuttora vive a Vienna, verrà pure fortemente influenzato dall’incontro in Svizzera con un non ancora famoso H.R. Giger, per poi intraprendere strade più decisamente personali sulle stesse atmosfere fantastiche, oscure e inquietanti.

Molto legato al mondo della musica, l’artista è piuttosto noto in Italia per le suggestive copertine di gruppi metal quali Arch Enemy, Dimmu Borgir, Kreator e diversi altri. Di particolare interesse la collaborazione con Sophor Aeternus, il cui album La Chambre D'Echo (2004) trova straordinario accompagnamento visuale nei ritratti trasfigurati e angoscianti di Anna Varney.

Tra i lavori di Joachim Luetke, anche il design di produzione per il cortometraggio Copy Shop, nominato agli Oscar nel 2002. Le sue opere sono state raccolte in volume in Posthuman: The art of Joachim Luetke (Weitbrecht, 2000).

Galleria: sito web ufficiale www.luetke.com. Video: Dark Asylum TV su YouTube.



mercoledì 16 aprile 2008

Qualcosa di Clark Ashton Smith


Almeno in questa sede, Clark Ashton Smith non dovrebbe aver bisogno di presentazioni. Certo c’è sempre chi può imbattersi accidentalmente nella pagina, ma in tal caso basterà un qualche click in giro per farsene un’idea. C’è inoltre un intero sito web dedicato, The Eltritch Dark (dal titolo di una poesia), che raccoglie la gran parte dei suoi versi, della sua narrativa e dei saggi oltre a molte immagini dei suoi disegni, dei quadri e delle sculture.

In italia, col solito endemico ritardo, C.A. Smith è noto quasi esclusivamente per i suoi racconti fantastici, sgargianti di un colore e di un'ironia che pur talvolta si perdono sotto il ferro da stiro della traduzione. E per i suoi rapporti epistolari e di complicità letterarie con Howard Phillips Lovecraft, in salda amicizia e proficua reciproca influenza.

Diverse raccolte dell’artista californiano sono apparse tempo fa nelle nostre librerie. Zothique (Editrice Nord, 1977 e 1992); il quartetto di edizioni MEB comprendenti Genius Loci (1978), Al di là del tempo e dello spazio, Mondi perduti e Gli orrori di Yondo (1979); quindi i Fanucci del successivo decennio: Il destino di Antarion (1986), La Venere di Azombeii e Le metamorfosi della Terra (1987) seguiti da Hyperborea, Xiccarph, Averoigne (1989) e Malneant (1990), con questi ultimi quattro a pirateggiare largamente e senza attribuzione le stesse precedenti traduzioni della MEB. Ma dall’ultima ristampa Nord de L’universo Zothique sono trascorsi oramai sedici anni, un lungo periodo di vuoto nel quale anche le storie antologizzate altrove sono andate sempre più diradandosi.

Qualche esempio di poesia, in entrambi i casi nella versione di Sebastiano Fusco, ha fatto capolino fra la selezione lovecraftiana de Il vento delle stelle (Agpha Press, 1998) e sull’unica uscita dell’affondata rivista Fictionaire (1999). Altro è apparso nel corso degli anni attraverso fanzines quali Yorick Fantasy Magazine, cui pure si deve la pubblicazione di Ombre dal Cosmo (1999), un ottimo e ormai raro volumetto curato da Pietro Guarriello riunendo brevi inediti smithiani insieme a prestigiosa saggistica.

Se da noi resta un autore riservato ai pochi soliti appassionati, almeno in patria è in atto una lenta ma costante di riscoperta dell’opera di Clark Ashton Smith, rimasto finora nell’ombra rispetto ai celebrati compagni di penna Robert E. Howard e H.P. Lovecraft. Probabilmente anche a causa di uno stile ricercato, ricco di arcaismi, sonoro e ritmato sul filo del poema in prosa. A volte magari troppo letterario per il mondo del pulp; altre, al contrario, troppo “di genere” per i quartieri alti della letteratura.

Un netto risveglio di interesse è dimostrato in America dalle crescenti riedizioni e ristampe, dai nuovi spunti saggistici e, ultimamente, dalla pubblicazione critica e sistematica dei suoi scritti. Le storie brevi di carattere weird sono in corso di pubblicazione nei cinque volumi di Collected Fantasies della Night Shade Books, mentre l’intera produzione poetica viene proposta nei tre tomi di The Complete Poetry and Translations of Clark Ashton Smith presso la Hippocampus Press, che tra i futuri progetti prevede di editare in volume unico la superstite corrispondenza Smith-Lovecraft. Altro segnale incoraggiante viene dalla stampa: A journey to the fantastic realms of Clark Ashton Smith, un positivo articolo del critico letterario Michael Dirda, è apparso sul Washington Post del 18 febbraio scorso.

Amico e “protetto”di George Sterling, allo stesso modo in cui di Sterling fu mentore Ambrose Bierce negli ambienti culturali della San Francisco di primo Novecento, Smith fu principalmente poeta con un primo libro di versi pubblicato appena diciannovenne, The Star-Treader and Other Poems (1912 ), che lo fece sul momento acclamare come novello “Keats del Pacifico.” Ed è proprio nella vena poetica che nascono le sue ampie visioni cosmiche (il poema The Hashish Eater del 1922 ne è forse il capolavoro) condivise dal ’23 con un assai più pessimista e nichilista Lovecraft, al cui incoraggiamento si deve il suo ritorno alla narrativa dopo alcuni racconti esotici giovanili venduti a testate quali The Black Cat. Un flusso intenso di storie fra horror, fantasy e una riluttante e sovente parodistica fantascienza, inariditosi però sul finire degli anni 30 per ritornare in ultimo all’amata versificazione, sino alla morte nel 1961. Da completo autodidatta, si avventurava nel frattempo in escursioni artistiche visualizzando le proprie fantastiche creazioni con dipinti e disegni, spesso elementari e in qualche modo naïf, e in più efficaci sculture solitamente intagliate nella pietra morbida della sua zona.

A proposito della poesia di C.A. Smith e per concludere con una scelta del tutto personale:


A sinistra, Solution di Clark Ashton Smith, scansione dalla pagina 35 di Ebony and Crystal, Auburn Journal, 1922. Testo reperibile anche su eldritchdark.com. Traduzione di Andrea Bonazzi.

lunedì 14 aprile 2008

Kull esule di Atlandide


In un tempo lontanissimo, quando Atlantide era un regno di barbari e la civiltà prosperava nel continente di Thuria, un uomo emerse dalle nebbie di sangue per imporre la sua volontà con l'ascia: Kull. Ma colui che diventerà l'usurpatore di Valusia non è solo un grande avventuriero, un guerriero senza pari, è anche e soprattutto un esule in cerca di libertà, perseguitato dall'ombra cupa della stregoneria. Un barbaro che cammina con la morte al fianco...

In edicola come supplemento a Urania Mondadori, Kull esule di Atlantide è l’edizione italiana del volume Kull: Exile of Atlantis, ultima e definitiva versione del primo ciclo di fantasia eroica di Robert Ervin Howard, pubblicata nel 2006 presso l’editrice americana Del Rey a cura di Steve Tompkins e Patrice Louinet con un approccio filologico inteso a ripristinare i testi originali come lasciati dall’autore: quattordici tra racconti completi e semplici frammenti, più una poesia e ulteriore miscellanea, composti dallo scrittore texano fra il 1926 e il ’30.

Viene così proposto l’intero corpus narrativo dedicato al barbaro usurpatore del trono di Valusia, antesignano e prototipo del più celebre e successivo Conan. Personaggio più antico anche per ambientazione, in un’epoca che precede l’Era Hyboriana del cimmero; stilisticamente forse meno maturo, sviluppato agli inizi di una breve ma intensa carriera letteraria che porterà Howard a fondare in pratica la moderna heroic fantasy americana, applicando una robusta dose di azione e realismo a un genere sino allora rappresentato tra il medioevo fantastico, idealizzato e cavalleresco di William Morris e quello ironicamente allegorico di James Branch Cabell, fino all’esotismo senza tempo di Lord Dunsany.

Un tratto adolescenziale di Kull lo si legge nellostentato distacco dalle donne e, a differenza di altri protagonisti howardiani, nel suo continuo interrogarsi, con la tendenza a filosofeggiare sempre immerso in una visione disincantata e cosmica della realtà che lo circonda. Un eroe fin troppo pensieroso per i canoni delle riviste pulp del periodo, visto che tre soli racconti della serie furono allora accettati per apparire su Weird Tales: nell'ordine, Il regno fantasma (The Shadow Kingdom, agosto 1929), Gli specchi di Tuzun Thune (The Mirrors of Tuzun Thune, settembre 1929) e Regni della notte (Kings of the Night, novembre 1930).

Il ciclo di Kull nel suo complesso aveva trovato stampa soltanto nel 1967, pesantemente editato da Lin Carter per Lancer Books, col merito indubbio di riscoprire l’opera di R.E. Howard ma drasticamente intervenendo sui testi fino a scrivere interi racconti sulla base dei brevi spunti disponibili. Solo dalla metà degli anni 80 successive riedizioni presero a ristabilire l’integrità degli scritti, senza liberi adattamenti né “collaborazioni postume” di sorta.

E sull’edizione Lancer si basava la sempre ottima traduzione di G.L. Staffilano in Kull di Valusia (Editrice Nord, 1975 e ’93), poi riproposta nel quinto volume di Tutti i cicli fantastici di Robert E. Howard (Grandi Tascabili Economici Newton, 1995) sostenendo di aver “tagliato via tutto il materiale spurio” ma limitandosi all’esclusione dei tre frammenti elaborati da Carter, senza recuperare gli originali mancanti.

Traduzione e cura di Kull esule di Atlantide sono affidate a Giuseppe Lippi, che firma anche la nota sull’autore. L’introduzione è di Tompkins, mentre un saggio di Louinet sulla Genesi del barbaro di Atlantide precede un breve intervento di Laura Serra nel concludere la raccolta, completata in appendice con ulteriori brani superstiti da alcune storie giovanili che precedono e probabilmente influenzano quelle di Kull, e le prime bozze e stesure di tre dei racconti. Notevole infine la copertina classicheggiante di Victor Togliani, con un Kull il cui elmo richiama il sinistro “Death Dealer” di Frazetta tante volte raffigurato sui tascabili statunitensi di Bob Howard.

Ghiotta occasione per gli appassionati italiani che trovano economico accesso alla più completa e corretta versione di un vero classico del genere, non fosse per l’autentica caccia al tesoro che una distribuzione un po’ rarefatta e avventurosa costringe a fare, volendo reperire il volumetto, persino nelle edicole dei grandi centri urbani.

E ancora una volta l’imMondadori tratta da mera merce la letteratura di genere, sfornando un altro formato Urania Fantasy con tanto di numerazione che riparte da 1. Di nuovo.
Il numero 1 di Urania Fantasy apparve nel 1988, esordio di una collana che sopravvisse fino alla settantanovesima uscita nel 1995, poi già nel 2001 un’altra serie Urania Fantasy era ripartita da 1 con saltuarie pubblicazioni per terminare, nel 2006, col numero 9.
Ora, un ennesimo numero uno, il quale potrà pure aver senso per l’imperscrutabile contabilità aziendale, ma lascia scambiare per “nuova collana
quel che è in realtà un solito supplemento senza alcuna regolarità di uscita.

Kull esule di Atlantide
Robert E. Howard
Urania Fantasy 1, Mondadori (supplemento a Urania n. 1535), aprile 2008
brossura, 336 pagine, Euro 4,50


mercoledì 9 aprile 2008

Ian Field-Richards, “Zilla774”



Trentatreenne designer grafico inglese, Ian Field-Richards appare piuttosto riservato nel non lasciar trasparire i sui dati biografici in pubblico. Il suo nome d'arte, Zilla774, gli deriva dal nickname adottato sul sito di DeviantArt, con il quale attualmente collabora curandone la galleria dei wallpapers. Partendo dai media tradizionali attraverso la pittura e l'aerografo, le sue fantastiche illustrazioni impiegano sempre più largamente il fotoritocco e le tecniche del digitale.

Sul forum di artcone.com è diponibile un'intervista del 2005, in lingua inglese, per scoprire qualcosa di più sull'artista il quale cita H.R. Giger e M.C. Escher, Alan Lee e John Howe tra le proprie maggiori influenze, in uno stile personale che cerca di trarre il meglio da ogni nuova tendenza.

Gallerie: sito ufficiale zilla774.com e pagine personali su deviantart.com.


lunedì 7 aprile 2008

La casa stregata di Fulham Road e altri orrori

Pochi lo sanno, ma l’unico scrittore europeo ad apparire regolarmente su “Weird Tales” è stato Jean Ray, il solo autore moderno dell’orrore paragonabile a Lovecraft e a Poe. Anzi, secondo numerosi esperti Jean Ray è persino più bravo di loro…

Questa, resa in origine con tanto di nomi in maiuscolo, la sgargiante quanto stringata quarta di copertina del libro, il primo di Jean Ray ad apparire in Italia in questo secolo diciassette anni dopo la riedizione del romanzo Malpertuis (1943), in edicola nel 1990 per la breve e sfortunata collana Horror Mondadori.

Ben poco era stato tradotto prima, con l’introvabile e criminalmente mai più riproposto 25 racconti neri e fantastici di Baldini & Castoldi, del 1963, e il Malpertuis edito da Sugar nel ‘66. Limitandosi a pochissimi ristampati racconti in sporadiche antologie, nulla è stato tradotto dopo: altro inspiegabile buco nero in una galassia editoriale che ignora l’horror al di fuori della categoria dei bestsellers.

Ed è ancora un piccolo editore a supplire laddove il mercato maggiore non risponde, con tutti i meriti per aver riportato in stampa uno scrittore fra gli autentici classici del genere, ma anche tutti i conseguenti limiti… con un’edizione a bassa tiratura già difficilmente reperibile a meno di un anno dall’uscita e un costo che, a ventinove euro per una brossura pur sopra le trecento pagine, sembra puntare già in partenza ai soliti pochi maniaci e collezionisti.

Pubblicato da Mondo Ignoto sotto il marchio della Biblioteca di Profondo Rosso, La casa stregata di Fulham Road e altri orrori è una raccolta curata dallo stesso editore Luigi Cozzi insieme a Sebastiano Fusco, il quale pure ne firma la prefazione.
Anche le traduzioni sono di Cozzi, affiancato nel compito da Alda Teodorani e Marco Marino, in un volume che si apre con un intervento di Henri Vernes, Il mio percorso con Harry Dickson, a introdurre idealmente tre dei romanzi che l’autore belga scrisse per la serie giallo-avventurosa appunto di Harry Dickson, “le Sherlock Holmes americain,” investigatore sulla falsariga del celeberrimo detective di Conan Doyle ma più dedito all’azione in storie maggiormente sensazionali, popolari e colorite.

Vicende e intrecci che non di rado viravano sulle atmosfere del fantastico, specie in mano a un maestro del genere quale Jean Ray, per poi rientrare nei ranghi di una spiegazione razionale o pseudoscientifica anche se non sempre del tutto convincente. Proprio come ne L’isola del terrore (L’île de la terreur, 1933), la cui apparizione mostruosa si rivela un trucco per impadronirsi del territorio; ne Le stelle della morte (Les ètoiles de la mort, 1933) in cui tuttavia una sorta di mostruosità umana alla fine c’è davvero, vittima degli esperimenti di un medico, e ne La casa stregata di Fulham Road (La maison hantée de Fulham Road, 1933), la soluzione del quale non manca di fantasia pur escludendo il soprannaturale da subito.

Segue un “intermezzo” con A proposito delle avventure di Harry Dickson scritte da Jean Ray, breve guida alla lettura preparata da Guy Astic per un’edizione scolastica; quindi Io, Jean Ray, l’autobiografia estremamente romanzata dell’autore di Gand il cui vero nome fu Jean Raymond Marie de Kremer, e una memoria di Thomas Owen dal titolo Jean Ray l’inafferrabile a corroborarne in qualche modo le esagerazioni. Il penultimo e l’ultimo viaggio di Jean Ray rappresenta un assai più realistico e toccante suo ricordo da parte di Claude Seignolle. Incontro col terrore è infine un’analisi critica delle storie dell’orrore di Ray da parte di Roger Bozzetto.

Piatto forte e più atteso sono ovviamente i racconti. Dei nove presentati nella sezione conclusiva, Il vicolo tenebroso (La ruelle ténébreuse, 1932) e Il cimitero di Marlyweck (Le cimetiére de Malyweck, 1943) erano già apparsi nel citato 25 racconti neri e fantastici oltre che in successive antologie di Fanucci (ne La progenie di Cthulhu, 1988, il primo; ne La furia di Cthulhu, 1987, il secondo). Anche Vendesi (Maison à vendre, 1947) era apparso proprio in tali collane come Affittasi casa (ne Il furore di Cthulhu, 1988). Inediti per l’Italia, invece, gli altri interessanti titoli fantastici: Le nozze della signorina Bonvoisin (Les noces de Mlle Bonvoisin, 1944); Crauti (La choucroute, 1947); Durer l’idiota (Durer, l’idiot, 1929); Irish Whisky (Irish Whisky, 1925); La notte di Pentonville (La nuit de Pentonville, 1947) e La scomparsa del professor Wohlmut (Monsieur Wohlmut et Franz Benschneider, 1947).

Numerose le illustrazioni in bianco e nero, con fotografie e riproduzioni delle copertine originali. Fra queste, anche una vecchia elaborazione fotografica firmata dal sottoscritto.
Nonostante il prezzo e la reperibilità problematica, un libro atteso dagli appassionati che non abbiano accesso alle opere di Jean Ray in lingua originale. Tanto più che a questo vertiginoso ritmo (1966; 1990; 2007), per ulteriori versioni italiane dell’autore servirà un’ennesima ventennale pazienza. Longevità permettendo.

La casa stregata di Fulham Road e altri orrori
Jean Ray
La biblioteca di Profondo Rosso,
Mondo Ignoto s.r.l., 2007
brossura, 332 pagine, Euro 29,00
ISBN 978-88-95294-06-03


venerdì 4 aprile 2008

Hypnos #3: Fitz-James O’Brien e Giovanni Magherini Graziani

Il fantastico letterario weird in Italia non sarà proprio in forma smagliante, a giudicare dall’editoria dei grandi numeri, ma ci sono segni a indicare come il particolare genere sia ancora ben vivo e scalciante. Uno di questi è l’appuntamento stagionale con Hypnos, rivista di letteratura e fantastico a cura di Andrea Giusto, una pubblicazione senza fini di lucro che al formato della fanzine fa corrispondere contenuti di crescente spessore, con sempre più validi interventi critici ad accompagnare brevi inediti di scrittori considerati ormai classici del proprio settore, ma singolarmente poco noti o ingiustamente trascurati nella nostra lingua.

In questa terza uscita di Hypnos l’attenzione è puntata su Fitz-James O’Brien, giornalista irlandese trapiantato in America e morto appena trentatreenne nel corso della Guerra Civile; autore, sul modello di Poe, d'innovativi racconti fra il macabro e il soprannaturale, sviluppati con un approccio pseudoscientifico che si slega dai canoni gotici dell’Ottocento per anticipare piuttosto quelli della fantascienza.

Di O’Brien vengono proposte Jubal, il campanaro (Jubal the Ringer, 1858), Il bambino che amava una tomba (The Child That Loved a Grave, 1861) e L’uomo senza un’ombra (The Man Without a Shadow: A New Version, 1852), tre storie brevi tradotte da Francesco Lato, oltre alla poesia I fantasmi (The Ghosts, 1859) nella versione di Pietro Guarriello. Sempre di Guarriello è l’accurato ed esauriente saggio bio-bibliografico Fitz-James O’Brien. Il forgiatore di meraviglie, introduzione ideale alla vita, alle opere e all’interpretazione critica di un maestro della short story che gli appassionati ricorderanno per la creatura invisibile del più volte antologizzato Che cos’era? (What Was It?, 1859), o per il mondo dell’infinitamente piccolo rivelato da La lente di diamante (The Diamond Lens,1858), entrambi nell’unica raccolta italiana La lente di diamante e altri racconti pubblicata nel 1992 presso La Casa Usher.

Giovanni Magherini Graziani e il fantastico rurale è il titolo del saggio che Danilo Arrigoni dedica all’erudito toscano scomparso nel 1924, tardivamente e solo parzialmente riscoperto quale unico italiano mai pubblicato su Weird Tales. Il suo Fioraccio vi apparve infatti nell’ottobre 1934, tratto a sua volta dall’antologia Modern Ghosts (1890) saccheggiata dal magazine per gli autori stranieri contenuti. La storia fu assurdamente ri-tradotta dall’inglese ne Il Meglio di Weird Tales 5 (Fanucci, 1987) ma la sua versione originale si trova ora in Storie di diavoli (Newton & Compton, 1997).

Esempio di un fantastico nazionale ottocentesco di origine popolare e contadina, in contrapposizione alla cosmopolita e assai più celebrata “scapigliatura,” di Giovanni Magherini Graziani viene qui riproposto il racconto Il diavolo, del 1856. Ben poco d’altro è reperibile attualmente tra la sua narrativa, a parte i tre soli titoli riuniti in volumetto ne Il libro del comando edito da Solfanelli nel 1990.

Il fascicolo si completa con A Pair of Glasses, racconto originale di Aaron Curtis, e un intervento di Giuseppe Lippi a ricordare Arcana (Sugar, 1969 e ’73), storico dizionario italiano dell’insolito, dell’erotico e del meraviglioso nella letteratura e nell’arte.
Di Alfred Kubin, Francesca Brunetti e Lea Giordano le illustrazioni interne, mentre è Davide Bonadonna a firmare il disegno di copertina ispirandosi al Jubal di Fitz-James O’Brien.

Hypnos #3 e i suoi numeri arretrati si possono acquistare via web attraverso delosstore.it. Per informazioni e contatti con la rivista: hypnosmagazine@gmail.com.

Hypnos. Rivista di Letteratura e Fantastico
anno II, numero 3, primavera 2008
fascicolo, 44 pagine, Euro 3,00 ( + spese postali )

Contenuti:

L’orrore dalle stalle, editoriale di Andrea Giusto
Jubal, il campanaro, racconto di Fitz-James O’Brien
Il bambino che amava una tomba, racconto di Fitz-James O’Brien
L’uomo senza un’ombra, racconto di Fitz-James O’Brien
Fitz-James O’Brien. Il forgiatore di meraviglie, di Pietro Guarriello
A Pair of Glasses, racconto di Aaron Curtis
Arcana Mundi, di Giuseppe Lippi
Giovanni Magherini Graziani e il fantastico rurale, di Danilo Arrigoni
Il diavolo, racconto di Giovanni Magherini Graziani
Sogni in vendita, libri, fumetti, riviste
I fantasmi, poesia di Fitz-James O’Brien


martedì 1 aprile 2008

Strani reperti d'epoca: Alex CF



Presso le aste on-line si trova ormai qualunque cosa: piccoli esemplari di creature teratomorfe o della stessa progenie di Cthulhu conservati in barattolo sotto formalina; cassette di reperti con attrezzi e documentazione dalla perduta spedizione antartica della Miskatonic University; apparecchiature vittoriane per comunicare con l’aldilà, complete di mini-tavolette ouija a mo’ di selettore telefonico…

Molte di queste, le più accurate e di pregio, sono opera di Alex CF, un ventisettenne inglese di Brighton, illustratore e disegnatore di fumetti che ama definirsi artista professionale dell’assemblaggio criptozoologico e del retrofuturo.”

Le sue composizioni riuniscono oggetti d’antiquariato a ricostruzioni realistiche e manufatti steampunk, i prodotti di un qualche avveniristico fine Ottocento alternativo; tutti pezzi unici realizzati con la massima cura dei particolari.

Galleria: Artwork sul sito ufficiale The Art of Alex CF.